Nota Editore
CODICE CIVIDALESE XXVIII
Nota dell'editore
La riproduzione del codice cividalese XXVIII non si sarebbe potuta affrontare adeguatamente e sarebbe risultata largamente incompleta, senza un parallelo approfondimento di natura storica, filologica e paleografica di questo manoscritto. Tale percorso è stato affrontato grazie all’insostituibile supporto di due tra i maggiori esperti di storia medievale e del codice cividalese XXVIII: il professor Stefano Gasparri, medievalista dell’Università di Cà Foscari (Venezia) e la professoressa Laura Pani, paleografa dell’Università di Udine. Stefano Gasparri in particolare ha firmato il testo "Leggendo la storia dei Longobardi" mentre Laura Pani il testo "Il codice cividalese dell'Historia Langobardorum di Paolo Diacono".
Oltre a questi contributi originali ed inediti, nel commentario è stata inserita la trascrizione del testo originale curata dalla Dottsa Vittor con la supervisione della professoressa Laura Pani e il fondamentale testo latino dell'Historia Langobardorum nella versione di Ludwig Bethmann e Georg Waitz del 1878, per la collana "Monumenta Germaniae Historica" con la relativa traduzione in italiano curata da Lidia Capo, entrambi dal volume "Paolo Diacono, Storia dei Longobardi" edito dalla Fondazione Lorenzo Valla per Arnoldo Mondadori Editore. Il commentario è inoltre corredato da una corposa documentazione iconografica che illustra alcuni tra i più significativi reperti archeologici del periodo longobardo e i più importanti monumenti Longobardi inseriti nel patrimonio mondiale Unesco come sito seriale e la denominazione "I Longobardi in Italia: i luoghi del potere 568-774 d.c."
I testi inediti che accompagnano la riproduzione del manoscritto, ci presentano un popolo di guerrieri, indubbiamente rude e bellicoso, soprattutto agli inizi della sua storia, prima di arrivare in Italia, ma che non può essere liquidato con il generico appellativo di “barbaro” come una storiografia eccessivamente semplificata ha tentato di accreditare.
Dal punto di vista politico quello dei Longobardi è stato forse il primo tentativo di pervenire ad una nazione unitaria sulla base dell’aggregazione di ducati con un buon grado di autonomia rispetto al potere centrale del Re che aveva sede a Pavia. A questo tentativo mancò ai Longobardi solo l’annessione del ducato romano, controllato allora dal papa: un’annessione tentata per ben due volte ed interrotta la prima volta dall’intervento dei Franchi di Pipino il Breve e la seconda, definitivamente, ad opera dei Franchi di Carlo Magno, che sconfisse il re Desiderio con l’assedio di Pavia e che precipitò l’Italia in una pletora di staterelli minori per oltre un millennio.
Anche sotto l’aspetto legislativo I Longobardi hanno lasciato un impronta indelebile in particolare con l’editto di Rotari (643 D.C.), che istituiva il diritto di protezione di ciascun membro della fara, ad opera del suo Duca.
L’editto abolì la “faida”, termine longobardo con il quale si designava il diritto di farsi giustizia da soli, a fronte di un torto subito, introducendo il diritto ad un risarcimento le cui entità furono rigidamente codificate in funzione del tipo di reato. La pena di morte venne mantenuta solo per i crimini contro il Re, per il reato di diserzione e anche per l’uxoricidio, ciò che evidenzia l’attenzione della legge al ruolo delle donne nella società longobarda.
Anche sotto l’aspetto legislativo I Longobardi hanno lasciato un impronta indelebile in particolare con l’editto di Rotari (643 D.C.), che istituiva il diritto di protezione di ciascun membro della fara, ad opera del suo Duca. L’editto abolì la “faida”, termine longobardo con il quale si designava il diritto di farsi giustizia da soli, a fronte di un torto subito, introducendo il diritto ad un risarcimento le cui entità furono rigidamente codificate in funzione del tipo di reato. La pena di morte venne mantenuta solo per i crimini contro il Re, per il reato di diserzione e anche per l’uxoricidio, ciò che evidenzia l’attenzione della legge al ruolo delle donne nella società longobarda.
I Longobardi raggiunsero eccellenze straordinarie anche in campo monumentale ed artistico, basti pensare all’altare di Ratchis e al battistero di Callisto conservati presso il museo cristiano di Cividale del Friuli, o al Tempietto Longobardo sempre a Cividale, pervenuto a noi in gran parte intatto o ai Plutei di Teodote conservati a Pavia o alla pietra tombale di San Cumiano presso il museo dell’abbazia di Bobbio anch’essa fondata in età Longobarda.
Straordinario interesse suscitano anche le testimonianze dell’oreficieria Longobarda tra cui spiccano autentici capolavori quali la corona ferrea o l’evangeliario di Teodolinda o ancora la chioccia con i pulcini e la croce di Agilulfo, tutti custoditi a Monza
Il regno longobardo finisce storiograficamente con la sconfitta ad opera dei Franchi di Carlo Magno più di 1200 anni or sono, ma la loro eredità sopravvive ancora oggi, nelle numerose testimonianze storiche, artistiche e culturali disseminate per il nostro paese e, mi piace pensare, almeno in parte, nei volti e nella parlata dialettale della mia Lombardia, dove molti termini di uso quotidiano sono di chiara derivazione longobarda.
Enrico Chigioni, CAPSA Ars Scriptoria